Chi avesse investito in tutti i fondi italiani, negli ultimi 30 anni avrebbe subìto una perdita rispetto ad un impiego annuale in BOT a 12 mesi. Un esempio? 100 euro investiti in Bot nazionali nel 1984, sono diventati 592 a fine 2013, 491 con i fondi comuni. E’ la sentenza dell’ultima indagine di Mediobanca-
La ricerca che Mediobanca svolge annualmente copre il periodo 1984-2013 e riporta dati sui 972 principali fondi e SICAV di diritto italiano: 535 fondi comuni aperti (il cui patrimonio al 31 Dicembre 2013 rappresentava il 95% di quello complessivo di tutti i fondi comuni aperti di diritto italiano operanti), 37 fondi riservati – 98% del patrimonio -, 16 fondi di fondi collegati – 98% del patrimonio -, 94 fondi speculativi – 98% del patrimonio -, 37 fondi pensione negoziali – 99% del patrimonio -, 53 fondi pensione aperti – 99% del patrimonio -, 21 fondi chiusi e 112 fondi immobiliari, nonchè tutti i 67 fondi di fondi non collegati, operativi a fine 2013. I dati riguardano il patrimonio netto, la raccolta netta, il risultato netto, gli utili e perdite su realizzi e rimborsi e da valutazione, gli oneri di gestione, la composizione e la variazione del portafoglio.
L’indagine è disponibile gratuitamente al link http://www.mbres.it/it/publications/dati-di-923-fondi-e-sicav-italiani-1984-2012 sia in formato cartaceo (modulo d’ordine) che telematico (donwload). Ogni anno questa indagine porta con se grandi interrogativi ed accende diatribe infinite tra coloro che difendono il sistema fondi e coloro che lo demonizzano. In realtà questo studio è privo di senso per varie ragioni ed io proverò ad elencarne le ragioni. Lo studio è condotto solo su strumenti che fanno capo a fondi/sicav di diritto Italiano e non prende in considerazione fondi/sicav di diritto estero che sono prevalentemente utilizzati in Italia negli ultimi anni dai risparmiatori Italiani. E’ noto infatti, che le maggiori fabbriche prodotto dei fondi comuni quali Templeton, BlackRock, Fidelity, etc, raccolgono oramai la maggioranza delle sottoscrizioni provenienti dai risparmiatori italiani ed esteri. Significa non prendere in considerazione una parte considerevole di fondi distribuiti in Italia e dunque acquistabili da chiunque abbia una piattaforma aperta. Un altro punto importante sarebbe capire come sia possibile, ma soprattutto che senso abbia, comparare il rendimento medio di un paniere di fondi completamente differenti tra loro, per caratteristiche ed obiettivi d’investimento, con un Bot. A mio modo di vedere è come comparare le mele con le pere. Se ad esempio confronto un insieme di fondi al cui interno esistono fondi azionari, obbligazionari, monetari, etc…e faccio la media annua del rendimento, compio un grande errore nel momento in cui la confronto con il risultato medio annuo del BOT. Che senso ha confrontare il rendimento del BOT che è un investimento monetario di breve termine sull’Italia con un fondo azionario ad esempio. Altra obiezione che muovo all’indagine è che forse vale la pena ricordare la situazione tassi in Italia dal 1984 al 2000. E’ stata piuttosto anomala se confrontata ad altri grandi paesi e forse più vicina a quella di un paese sudamericano piuttosto che ad una regione dell’Europa.
Ricordiamoci sempre che i mercati creano i rendimenti ed in questo caso specifico tassi dei BOT così alti “apparentemente” free risk hanno reso la vita difficile ad un fondo diversificato magari obbligazionario. Quello dei tassi a doppia cifra per gli strumenti a breve termine è un mondo oggi finito per l’Italia, dunque non accessibile ai risparmiatori.
Un accesso che, solo l’ignoranza intesa come non conoscenza del risparmiatore Italiano, del rischio inflazione e emittente, gli ha permesso di dormire sonni tranquilli e godersi alti tassi “nominali”. Ma se anche oggi l’investitore Italiano avesse a disposizione l’arma del BOT al 15% sarebbe così tranquillo dopo quanto accaduto nel 2011 ad investire l’intero patrimonio ?
Un investitore non informato leggendo quella frase iniziale sulle pagine dei giornali penserebbe dunque che i fondi sono una truffa e che occorre starsene lontani. Non penserebbe a vantaggi innumerevoli dei fondi/etf quali la diversificazione e dunque la quasi assenza del rischio emittente o alla maggiore abilità dei gestori professionisti rispetto al fai da te. Andando invece a leggere più attentamente l’indagine ci accorgiamo che tra il primo percentile e l’ultimo della classifica dei rendimenti dei fondi c’è un abisso. Il che ci suggerisce che se avessi scelto i migliori fondi o meglio avessi seguito un metodo che mi avesse consentito di avere solo fondi ad alto rating il rendimento sarebbe migliorato considerevolmente e quel titolo non avrebbe avuto senso anzi sarebbe stato l’opposto.
Ultima obiezione ma non meno importante è dedicata alla parte costi, che ha inciso profondamente sull’orizzonte considerato. Tra l’universo dei fondi presi in considerazione vi sono fondi con un TER al 5% e fondi con un TER all’1% e posiamo capire bene come ciò vada ad incidere sul risultato finale.
Se avessimo fatto l’indagine con degli ETF a basso costo che replicano gli indici di diritto Italiano e confrontato con il BOT dal 1984 ad oggi probabilmente anche questi sarebbero stati perdenti come valore medio. Ciò è dovuto, ripeto, al fatto che nell’universo preso in considerazione c’è di tutto dagli ETF che investono in BOT alle azioni passando per le materie prime..
Ciò detto: ma allora come devo fare ?
Decidere prima di tutto in quale mercato voler investire il proprio denaro e solo dopo analizzare lo strumento più efficiente. Per la scelta dello strumento se diretta a fondi/etf occorre fare una analisi preventiva che selezioni gli strumenti in base ad un metodo e successivamente periodicamente fare un monitoraggio degli strumenti sostituendoli nel caso perdano i requisiti di rating che ci si era proposti. Occorre mantenere nel portafoglio fondi/etf che si posizionino sempre nel primo percentile della classifica sapendo che la persistenza di un gestore nel tempo non c’è.
Quest’anno un fondo azionario internazionale large cap blend ha reso una media del 9% con punte del 17% per qualche gestore e rendimenti del 2% per gli ultimi. Se la frase all’inizio dell’articolo è vera allora potremmo dire che a fronte di un BOT che ha reso lo 0,27% i fondi nel 2014 hanno creato tanto valore e dunque sono l’investimento da preferire !
Ma se andassimo a confrontare un fondo/etf che investe nel mercato monetario e lo raffrontassimo con i BOT ci renderemmo conto che forse non è così…
Interessante. La prospettiva temporale fa la differenza: per quanto tempo, in quale epoca. Dire che dal 2009 ad oggi le borse si sono rivalutate molto in capitalizzazione è corretto; ma bisognerebbe ricordare che erano appena crollate. La tempistica degli eventi decide la resa, sempre piccola sulla scala decennale; chi gioca sul breve termine può vincere molto o perdere molto.
Sono completamente d’accordo, una volta ai miei esordi nella consulenza finanziaria si diceva “TIME, NOT TIMING”. Beh, direi che la frase, alla luce degli eventi degli anni 2000, sia superata e non più attuale !