Come tutti sappiamo, anche negli investimenti finanziari, il sistema tributario italiano prevede che vengano versate all’erario le ritenute fiscali relative ai profitti realizzati. In particolare, per una regolamentazione tutta italiana, è previsto che i redditi generati da investimenti siano divisi tra redditi di capitale e redditi diversi. In generale, e senza entrare nel dettaglio, potremmo raggruppare tutti gli interessi periodici in redditi di capitale e tutte le plusvalenze realizzate con un titolo azionario /obbligazionario, in redditi diversi. Per quanto riguarda i primi ovvero redditi periodici generati da investimenti azionari ed obbligazionari come dividendi azionari/cedole, la banca trattiene la ritenuta fiscale e la versa all’erario. Stessa cosa avviene in regime amministrato (se il cliente non sceglie il dichiarativo) per le plusvalenze generate dalla compravendita di azioni, obbligazioni, certificati, fondi, etf, etc.
In questo articolo ci soffermiamo sui redditi diversi ovvero sulle plusvalenze generate da investimenti finanziari. Ma non mi soffermerò sulla normativa sul capital gain (che auspico venga modificata), sul perchè dell’iniquità, ne sulla diversa tassazione applicata ai vari strumenti finanziari e della compensazione tra redditi diversi e di capitale. Non credo sia questa la sede adatta, e agosto, il periodo meno adatto per parlare di normative fiscali. Il focus verrà rivolto invece su un aspetto poco valutato dagli investitori:
-le conseguenze, sul risultato di un investimento, del differimento d’imposta
Certo, di prima acchito, può sembrare banale il ragionamento. Se chiedessimo a più persone se è meglio differire il pagamento di un imposta o pagarla subito, probabilmente tutti ci risponderebbero che è meglio differirla. Ma oggi vogliamo chiederci perchè e soprattutto quale valore ha il differimento in un investimento azionario. Infatti, come al solito, quando parliamo di soldi, se non ragioniamo con i numeri i concetti rimangono in aria e non ci rimane nulla impresso nella memoria. Come noi siamo il frutto delle nostre esperienze, anche i nostri investimenti sono il frutto delle nostre credenze, esperienze ed emozioni. E’ bene quindi che i concetti di base di un buon investimento siano ben impressi nella nostra mente.
Per trasmettervi il concetto e per semplificare supponiamo di avere investito 10.000 euro per 10 anni ad un tasso annuo del 2,5% e del 5%.
Supponiamo inoltre di proporre due casi per ciascun investimento. nel primo caso l’investitore decide di incassare la cedola annua e lasciarla sul conto o spenderla mentre nel secondo caso l’investitore decide di reinvestirla.

Nel primo caso il Cliente decide di incassare il rendimento come cedola annua; nel secondo caso, invece, il Cliente sceglie di reinvestire il rendimento.
Come appare evidente, la differenza di risultato che si ottiene se si reinvestono i rendimenti, anziché incassarli sotto forma di cedola, è piuttosto importante. E lo diventa sempre più al crescere del rendimento annuo. Anche la durata dell’investimento può essere una leva con cui raggiungere un obiettivo riducendo il capitale investito iniziale, proprio perché è possibile sfruttare il rendimento nel tempo e l’effetto della capitalizzazione.
Ma perchè vi ho parlato di tassazione e ora di capitalizzazione composta …
Il perchè è presto detto. Prendiamo il caso dell’investitore B che investe 10.000 euro per 15 anni al tasso del 7% annuo. Supponiamo una tassazione del 26%. Al termine di ogni anno incassa 700 euro lordi e paga all’erario 182 euro. Quindi avrà una rendita annua di 518 che supponiamo non reinvestirà. L’investitore A invece decide di non incassare la cedola e così facendo di differire il versamento dell’imposta allo stato. In questo modo, tutti i 700 euro del primo anno verranno reinvestiti ad un tasso ipotetico del 7% producendo a loro volta un montante che a sua volta genererà altri interessi. Voi direte, già ma a scadenza dovrò pagare le tasse ugualmente. Vero, ma il montante che l’investitore A si troverà al netto delle tasse, sarà comunque di gran lunga superiore a quello dell’investitore B, che non avrà sfruttato l’effetto della capitalizzazione composta sia sulla cedola che sulla ritenuta ritenuta fiscale differita.

la tabella mostra l’effetto “magia” della capitalizzazione composta su un investimento di 10 k per 15 anni. la differenza è di 5.316 euro a favore dell’investitore che ha reinvestito cedola e ritenuta fiscale annualmente. Le conclusioni che possiamo trarre nella pratica sono, che se non abbiamo un bisogno reale, non dovremmo optare per il flusso di cedole. Queste , infatti produrranno un montante che avrà un grafico esponenziale al passare del tempo aiutato anche dal reinvestimento della tassazione trasferendo un beneficio immediato per lo stato in un grandissimo vantaggio finanziario per noi.
Bell’articolo, semplice e chiaro. Preziosi approfondimenti.
Grazie😃
Grazie per il “prezioso” suggerimento.
Gino
Grande Gianluca,
grazie mille per le preziose informazioni
A presto
Michele
Grazie a voi per il vostro tempo investito nella lettura
Cavolo: sono riuscito a capire anch’io!
Questo però presuppone investimenti che costantemente danno valori positivi