Eh già, potremmo definire così l’analisi dei rendimenti dei mercati azionari nell’ultimo lustro e nei decenni passati. Perchè a scorrere bene i risultati dei principali indici mondiali ci si potrebbe rallegrare ma andando poi ad analizzare i rendimenti ottenuti dalla totalità dei risparmiatori, pochi potrebbero dire” Si, io ho beneficiato di questo 15% o più annualizzato dal 1990 in poi”.
La stragrande maggioranza ha ottenuto rendimenti molto, molto più bassi. Bene, è andata così…inutile piagere sul latte versato… ma che cosa non ha funzionato ?
Analizzare cosa non ha permesso ai risparmiatori italiani di realizzare obiettivi così importanti è importante per non fare gli stessi errori e poter così migliorare i nostri rendimenti attesi.
Per fare l’analisi partiamo dalle parole di un bravo gestore “i mercati creano i rendimenti, non i gestori”.
Il punto di partenza è questo. I mercati fanno il loro mestiere, salgono e scendono nel breve senza una motivazione ben precisa e salgono nel lungo termine perchè nel tempo il valore delle merci e servizi prodotto nel mondo tende ad aumentare progressivamente. E siccome le azioni rappresentano il valore delle aziende che vendono servizi e prodotti, maggiore sarà la crescita delle aziende in termini di utili negli anni e maggiore sarà il suo valore. Decenni di statistiche parlano da se. Per orizzonti temporali compresi tra 15 e20 anni il valore delle maggiori aziende nel mondo tende ad aumentare progressivamente. Quindi i mercati creeranno nel lungo termine i rendimenti attesi dal risparmiatore senza alcuna necessità di fare chissà quali previsioni.
Così, uno dei presupposti per realizzare rendimenti così alti, è potersi permettere di lasciare il denaro investito per più di 10 anni.
Ho detto potersi permettere, non a caso, perchè molte famiglie in Italia non possono permettersi, per vari motivi, di investire nel lungo termine. Ma molte di queste famiglie potrebbero permettersi di avere orizzonti d’investimento superiori a 10/15anni eppure entrano ed escono dalle azioni e fondi come se fossero su un autobus, ovviamente sbagliano il timing. Studi condotti da Anima Sgr su un loro fondo azionario internazionale su orizzonti decennali dimostrano che l’80% degli investitori del fondo ha ottenuto un rendimento nettamente inferiore al fondo e quasi la metà addirittura ha subito una perdita. Ciò si è verificato perchè la maggioranza di questi risparmiatori è uscito troppo presto dall’investimento.
Nel mio ufficio ho appeso un cartello con un monito che potrebbe riassumere quello che sto dicendo “i mercati sono per persone pazienti”
Peccato che piuttosto che avere pazienza si preferisce pensare di poter fare delle previsioni o ascoltare chi pensa di sapere cosa accadrà domani come se non avessimo esempi di eminenti professori, analisti e guru che sono stati clamorosamente smentiti dai fatti. C’è chi ha fatto una grande fortuna come il prof. Ravi Batra, economista autore di vari best seller che dal 1990 prevede una grande depressione, certamente un pò in anticipo sui tempi. Specularmente abbiamo gli ottimisti ad oltranza per i quali i mercati finanziari possono solo salire…
Nella grande crisi del 2008 (fallimento lehman Brothers) il governatore Mario Draghi rilasciò un’intervista in TV dichiarando di essere ammirato dalla sicurezza con cui alcuni professori pensavano che il peggio era passato ma anche dalla sicurezza con sui altri pensavano che il peggio doveva ancora arrivare. Questo perchè lui stesso non era in grado di fare previsioni.
Riassumendo, l’asset allocation è determinante per la riuscita dell’investimento nel tempo. E una buona allocazione delle risorse deve destinare al mercato azionario tutte le risorse che possono avere un orizzonte di lungo termine. Sarà l’asset allocation il driver della performance del portafoglio nel lungo termine e non gestioni di portafoglio basate su modelli discrezionali o peggio ancora improvvisati.
Il 2020 ci ha dato una grande lezione proprio sul tema dell’imprevedibilità. Inizialmente con una caduta dei listini mai vista prima così veloce poi con una ripresa di proporzioni inimmaginabili all’inizio della crisi pandemica.
Un buon modello di trend following può darci una mano sul decidere se stare sovrappeso o sottopeso sull’asset equity ma non può sostituire l’orizzonte temporale come definitore della percentuale del nostro portafoglio destinato all’azionario.
Occorrerebbe incentivare con premi i detentori di investimenti nel lungo periodo ma non mi risulta che qualche società d’investimento abbia indirizzato qualche lettera a quei pochi risparmiatori che detengono fondi/etf azionari per più di 15 anni.
Eppure anche questo servirebbe per migliorare l’educazione finanziaria di cui questo paese ha tanto bisogno.