Diversificazione, controllo del rischio e……tanta, tanta pazienza.
Questa sembra una frase che gli Italiani faticano a digerire. Quando si parla di investimenti, sono tutti pronti a cercare la dritta giusta, la persona che possa in qualche modo togliergli il pensiero di come investire i propri soldi e che sia in grado di farlo proponendogli qualcosa di veloce e facilmente consumabile. Già in passato ho parlato degli investitori assimilandoli a consumatori della finanza poichè tali sono. Cercano strumenti, prodotti che siano in grado di soddisfare i loro desideri come fanno tutti coloro che acquistano beni e servizi. Nella finanza però, il bene che si accingono a comprare, non ha spesso un risultato certo, predeterminabile e tale da dare al cliente la soddisfazione immediata che egli vorrebbe. Ed allora meraviglioso è il conto di deposito, facile ed immediato. So già prima quanti interessi prenderò a 12 mesi. Non devo ascoltare tutti quei discorsi noiosi ed arzigogolati nonchè spesso inutili degli operatori qualificati…i cosiddetti esperti.. Purtroppo però, o per fortuna dell’Italia, negli ultimi tempi si sta assistendo ad una brusca discesa dei tassi di interesse dei titoli di stato e dei conti di deposito. Questo fenomeno sta spostando l’attenzione dei risparmiatori verso altri strumenti. E guarda caso, come al solito, a tassi vicini allo zero dei conti deposito, delle obbligazioni bancarie e dei titoli di stato corrisponde una borsa Italiana che nell’ultimo anno ha messo a segno un rialzo del 33% e da inizio anno del 15% !
Proprio in questi momenti, come di consueto, ecco apparire l’investitore con profilo cauto o prudente che richiede di aumentare il tasso di interesse dei propri risparmi perchè investirli in un conto di deposito a questi tassi… “tanto vale lasciarli sul conto…”
La storia si ripete e come sempre anche questa volta le persone chiedono di aumentare il rendimento senza capire che a questa richiesta si accompagna un aumento del rischio. Accadde in tempi recenti nel 1999 con l’azionario, nel 2001 con l’Argentina e nel 2007 ancora con l’azionario. Ovviamente gli operatori per non scontentare il cliente ( che andrebbe da un’altra parte) accondiscendono alle sue richieste. In tal modo un profilo di rischio conservativo o prudente associato ad un risparmiatore, diventa più dinamico ed aggressivo non in virtù del fatto che le sue caratteristiche ed esigenze sono cambiate ma a causa del mercato. Settimanalmente sui quotidiani economici vengono pubblicati portafogli ideali per i diversi profili di rischio andando dal cauto, passando per il bilanciato fino al dinamico. Gli esperti ci dicono quante obbligazioni, azioni, etc un risparmiatore dovrebbe avere in base al suo profilo di rischio. Andando a confrontare questi portafogli modello consigliati nel 2009 ed oggi risulta palese come anche gli esperti si facciano influenzare dai mercati. Infatti, se ad esempio la quota di azionario consigliata per un prudente era al massimo 5%, oggi improvvisamente troviamo raccomandazioni di inserire anche un 30%. Allora io mi chiedo, ma come, nel 2009 le quotazioni azionarie erano mediamente inferiori del 56% rispetto al 2007 mentre oggi sono state protagoniste di un rally che ha portato l’america ad esempio a superare i massimi del 2007. Forse, se proprio i consigli devono essere dati in base al mercato, sarebbe stato meglio raccomandare portafogli più rischiosi nel 2009 rispetto ad oggi !
Prima di dare queste raccomandazioni sui portafogli occorrerebbe capire se il cliente conosce il rischio e quanto ne desidera. In finanza potremmo dire che il cliente compra rischio perchè oggi più che mai non esistono pasti gratis ! Può sembrare banale ma forse non tutti i risparmiatori sanno ad esempio che esiste un rischio emittente ed un rischio mercato. Devo sapere quindi distinguere i due rischi e capire se e quale voglio correre. Stabilito questo devo sapere quanto ne voglio acquistare e solo successivamente faccio una analisi dei mercati e decido cosa fare. Se tutti gli operatori operassero in questo modo non ci sarebbero persone che investono in ciò che non vogliono. Occorre consapevolezza di ciò che si fa e questo è possibile solo interagendo con il proprio consulente e/o dedicando del tempo allo studio dei concetti base della finanza. L’aumento dell’educazione finanziaria dei risparmiatori aumenterebbe la ricchezza del paese ed eviterebbe di vedere bruciati miliardi in situazioni quali Argentina, Lehman, Cirio, Parmalat, Giacomelli, bolle azionarie od obbilgazionarie, etc..tutte figlie di una ricerca spasmodica del tasso dimenticando che quest’ultimo convive con il rischio !