Il 2022…l’anno della normalizzazione

L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle è l’anno che i più ricorderanno come l’annus horribilis per i mercati finanziari, ma che io ricorderò come l’anno che ha salutato il ritorno alle politiche monetarie convenzionali dopo anni di politiche monetarie non convenzionali. L’anno in cui, chi ha il pallino in mano dell’economia, ovvero le banche centrali, ha abbandonato la strada della distribuzione del denaro a pioggia e del denaro a basso costo, per imboccare la via della restrizione monetaria e dell’aumento del costo del denaro. Prima o poi doveva succedere, perchè chi ha un minimo di nozioni economiche di base, sa benissimo che, quando le banche centrali introducono troppa liquidità nel sistema, il rischio che l’inflazione parta è tutt’altro che remoto. Già nel 2021 si stava assistendo ad un inizio di surriscaldamento dei prezzi, e nel 2022, complice anche il conflito in corso, l’inflazione si è ripresentata dopo decenni, in tutta la sua forza con rialzo a doppia cifra. Le banche centrali, che avevano fino ad allora esitato, sono corse subito a spegnere l’incendio adottando tutti gli strumenti a disposizione. E lo strumento principe è la leva dei tassi d’interesse, che da negativi, sono passati negli USA al 4,5% nel giro di pochi mesi. Il rialzo dei tassi, pur essendo atteso, ha portato perdite in conto capitale ai detentori di obbligazioni ed azioni. Qui sotto, una tabella riassuntiva delle performance 2022 dei principali indici

La tabella di cui sopra mostra rendimenti negativi su tutte le asset class principali, escluse oro e materie prime. In realtà questi dati sono mitigati dall’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro. Significa che l’investitore europeo ha ridotto le perdite poichè in parte sono state compensate dal dollaro forte per la parte di portafoglio investita in dollari (World ed USA). Anche l’esposizione all’oro (bene rifugio per eccellenza durante periodi inflattivi) avrebbe prodotto ritorni negativi, se non fosse stato per il dollaro. Quindi potremmo dire che poteva andare peggio e che sicuramente peggio questa volta è stato per un investotore americano.

La trasversalità delle performance negative tra le varie asset, è la causa di risultati estremamente negativi anche su profili conservativi. La sorpresa con cui i risparmiatori prudenti apprendono i risultati quest’anno, documenta la totale estraneità a quanto accaduto. Possiamo affermare, senza possibilità di essere smentiti, che la parte principale di un portafoglio prudente è composta da obbligazioni. Ma è proprio qualsiasi tipo di obbligazione, sia essa governativa che societaria, indipendentemente dalla sua durata, che ha accusato perdite a doppia cifra, come testimonia l’aggregate bond globale che ha lasciato sul terreno un 12%. Basti pensare, d’altro canto, che un investitore posizionato con un asset 100% azioni world, dunque dinamico, avrebbe subito perdite pari a un 14,38%.

Ora, siccome le due situazioni precedenti, 100% bond o 100% azioni, sono quanto mai rare vorrei con voi analizzare l’andamento di portafogli più reali perchè più vicini che troviamo nella realtà.

Nel grafico sopra sono rappresentati tre portafogli classici ovvero il 60% azioni e 40% bond, che potremmo definire il portafoglio per antonomasia della parte core di una pianificazione a lungo termine, un portafoglio 35/65 e 80/20.

Come possiamo vedere, a nulla sarebbe servita una diversificazione tra azioni e obbligazioni e neanche il diverso peso assegnato alle due asset in relazione al profilo di rischio dell’investitore. Qualsiasi scelta ci avrebbe portato a risultati simili. C’è stata una correlazione positiva tra le due asset, che ha eliminato il vantaggio della diversificazione.

Anche i classici lazy portfolios come ad esempio quello ideato negli anni 70 da Harry Browne, caratterizzato da una volatilità storicamente bassa ( ha un 25% di oro), avrebbe avuto un risultato nefasto per un investitore americano, come potete vedere qui sotto (raffrontato con l’indice azionario americano).

E se volessimo scomodarci andando a vedere le performance nel 2022 di altri lazy portfolios celebri per la loro bassa volatilità, drawdown e risultati ottenuti in passato, ecco qui una lista dei più celebri ed ultilizzati al mondo

L’unica strategia vincente è risultata la strategia azioni a dividendi stabili/crescenti, che avrebbe reso imbarazzante il risultato della strategia “conservative portfolio”.

Tutto questo per cosa dire:

-che qualsiasi risultato abbiamo ottenuto quest’anno dai nostri investimenti va messo in relazione al mercato in cui investiamo.

-che non esistono formule magiche nella costruzione e gestione di portafoglio

-che se abbiamo fatto delle scelte di buon senso e razionali di pianificazione finanziaria non dobbiamo farci assalire dai dubbi di aver sbagliato qualcosa se il risultato oggi non ci da ragione

-che, come dico sempre, per raggiungere un risultato di lungo termine in linea con le nostre aspettative dobbiamo accettare della volatilità

ultimo, ma non meno importante, che non è andata poi così male…

Buon anno!

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Informazioni su gianlucabati

Consulente finanziario Finecobank
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